Il Poggiarello: la rivoluzione del vino a Piacenza

Vi è mai capitato di perdervi nella campagna piacentina?

Bene: che sia un sì o un non ancora, spero che un giorno vi capiti di imbattervi nell’Antica Pieve di Verdeto; un merletto di case basse (si contano sulle dita di una mano) attorno a un campanile appuntito che buca il cielo, a cui si arriva percorrendo una stradina tranquilla che sale da un vecchio cimitero di campagna. Giunti lassù, l’invito è quello di voltare le spalle alla chiesa e lasciare che lo sguardo abbracci la valle sottostante, placida e generosa nelle belle giornate di sole, taciturna e misteriosa nelle giornate in cui la nebbia impasta la terra dei campi. 

Verdeto, dunque.

Siamo poco distanti da Piacenza in realtà, eppure sembra di essere molto più lontani, persi nel tempo e nello spazio. Sarà per il silenzio prezioso della natura, che spegne e dilata le ore, oppure per il motivo che ci porta in questi luoghi: ritrovare la nostra amica Laura, che ci accoglie nel suo rifugio agreste. 

Proprio alla sua tavola ho conosciuto i vini de Il Poggiarello e, se avrete un po’ di pazienza, vi spiegherò come fanno le storie di una giovane scrittrice piacentina e di un’azienda vinicola del territorio a incontrarsi. 

Il Poggiarello: una storia piacentina

Quella de Il Poggiarello inizia molto prima, nel 1882, quando due note famiglie piacentine – i Ferrari e i Perini – fondano le Cantine 4 Valli, scrivendo di fatto la storia del vino a Piacenza. Ma è solo negli anni ’80 – con l’arrivo in azienda dalla quarta generazione – che le famiglie rilevano 20 ettari di terreno in Val Trebbia. Tra le dolci colline di questa valle nasce Il Poggiarello: un vino realizzato esclusivamente con uve certificate biologiche che, forte della sua elevatissima qualità, aspira a diventare ambasciatore di Piacenza nel mondo

Una sfida notevole, raccolta da Cecco e Mami, l’ultima novità di casa Poggiarello: due vini che hanno il sapore della rivoluzione

Cecco e Mami: il vero sapore di Piacenza

Cecco e Mami fanno dialogare passato e futuro con una formula dirompente: Cecco è un rosso di struttura, prodotto con uve Barbera, Bonarda e Cabernet. Mami, invece, un bianco Emilia IGT, prodotto con uve Malvasia di Candia aromatica. I due vini più innovativi della linea Il Poggiarello nascono dai vigneti più antichi dell’azienda

Cecco e Mami arrivano sulla nostra tavola con una veste grafica folle, pazza: un’etichetta dove non compare nemmeno il logo dell’azienda. È stata realizzata in collaborazione con Edoardo Balordi, designer piacentino trapiantato a Barcellona, e si ispira alle piazze del mercato, affollate di cartelli fatti a mano. Sono scritte grosse, sgangherate: nessuna lettera assomiglia a un’altra. Perché Cecco e Mami sono due vini schietti, che non hanno bisogno di abbellimenti. 

Il Poggiarello: una galleria di volti

Cecco e Mami completano la scuderia de Il Poggiarello, già composta da vini portentosi, tra cui i Volti, che salutano il 2022 con un look and feel totalmente rinnovato, in cui racconto e fotografia si uniscono, scavando nell’anima e nella tradizione del territorio. La Barbona e Il Valandrea, i due pilastri dell’azienda, sono rimasti tali anche nel nome. La Malvasia, regina del piacentino, si è trasformata nella Malvagia, il Pinot Nero ha assunto tratti esotici ed è diventato Lo Straniero, mentre il Sauvignon, con la sua ventata di freschezza, non poteva che chiamarsi Come il vento. Sono nomi che dipingono l’immaginario del mondo Poggiarello, che tracciano i contorni di personaggi che vivono e che vogliono dire, e dirci, la loro.

A rappresentarli è Andrea Passon, fotografo ritrattista di Treviso, che ha scelto i volti che meglio potevano rappresentare i personaggi de Il Poggiarello. Edoardo Balordi, invece, ha studiato il layout dell’etichetta, stampato poi su una carta di altissima qualità, grazie al coinvolgimento della tipografia Scriba di Piacenza.

Il Poggiarello tra vino, sogno e scrittura

Un progetto local e corale a cui si aggiunge la penna di Laura Fusconi (Volo di paglia, Fazi 2018) – ecco che le nostre storie si intrecciano – a cui è affidato il racconto che si dipana da un’etichetta all’altra e che delinea, con tratti precisi e luminosi, la personalità unica e spiccata di questi vini emiliani, destinati a diventare amici della nostra tavola e protagonisti delle nostre giornate in compagnia. 

«Cecco e Mami sono gli anolini in brodo della domenica. Il pugno che dai al centro della sbrisolona. Un tuffo in Trebbia d’estate. L’amico che fa per te la coda al banco degli spiedini. I denti serrati del dialetto. Il liscio alle feste di paese. La fetta di salame tagliata storta. Le curve della statale 45. I biancorossi in serie A. Le voci del mercato in Piazza Duomo. Il nostro 4 luglio. Una “erre” indimenticabile. Un panino con la coppa per merenda. La bicicletta del liceo che balla sui ciottoli del centro. La scodella bianca al posto del bicchiere. La Polla quando briscola è denari. Nati e cresciuti a Piacenza.»

Verdeto, dunque. Siamo poco distanti da Piacenza, eppure sembra di essere molto più lontani, persi nel tempo e nello spazio. Il sole sta tramontando oltre la linea della valle, le colline si vestono di ombre, le foglie si incendiano, attraversate dall’ultima luce. È l’ora dei camini accesi e delle finestre illuminate. La punta del campanile si perde nel buio. Noi rientriamo in casa, sulla tavola ci aspettano i nostri amici de Il Poggiarello – ormai chiamarli solo vini non ci sembra più abbastanza. Spero che un giorno vi capiti di arrivare fin quassù e di fare la loro conoscenza. Nell’attesa, brindiamo alla sera che viene

Grazie a Il Poggiarello per i materiali e le informazioni concesse. 
A Laura, per il bene profondo. 

Il Poggiarello
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