#WineTalks | Jocasta Allwood di À La Main

Abbiamo scoperto i lavori di A La Main durante “Le Clos – Piccolo Salone di Vignerons tra quattro mura” organizzato dalla Sommelier Daniela Paris presso il Centro San Luigi dei Francesi dell’anno scorso. Stavamo facendo qualche ricerca sui partecipanti quando ci imbattiamo in Vin Noè e sul suo profilo Instagram. La nostra attenzione è stata catturata da questa grafica, dedicata alla celebrazione dell’arrivo del Beaujolais Nouveau 2018 e commissionata dal wine importer Totem Wine. L’abbiamo cercata per mesi, A’ La Main (al secolo Jocasta Allwood), e quello che abbiamo trovato, lo abbiamo trascritto in questa intervista, il nostro primo #WineTalks. Buona lettura!

Quando e dove sei nata?

Sono nata in Essex a metà degli anni ’80. Anche se Giocasta era un personaggio femminile della mitologia greca, molte persone non sembrano capire che io sia una donna. Non che il genere a cui appartengo sia così importante, ma lo voglio sottolineare perché la maggior parte della gente appena vede i miei lavori pensa che io sia un uomo! Mia madre e mio padre hanno origini diverse: mia nonna paterna era metà italiana e metà greca e si è trasferita a Londra dopo aver sposato un soldato britannico. Mia madre invece è nata in Kenya e si è trasferita a Londra durante l’adolescenza. Sono cresciuta con le mie due sorelle maggiori appena fuori Londra, con un mix di influenze culturali.

Dove e cosa hai studiato?

Ho studiato Art Foundation presso il Colchester Institute of Art & Design e mi sono laureata in Grafica presso il Surrey Institute of Art & Design di Epsom.

Da dove prendi ispirazione per le tue opere?

Molta della mia ispirazione proviene dall’ Atelier Populaire (qui un interessante Paper della TATE firmato da Liam Considine e intitolato Screen Politics: Pop Art and The Atelier Populaire NDB) e dai manifesti del 1968. Il mio lavoro inoltre risente delle influenze dei lavori di artisti del calibro di Jean Arp, Alexander Calder, Matisse, più che di artisti grafici. Amo la semplicità e le palette di colori di Paul Raud e tutto ciò che riguarda Max Bill. Il progetto grafico più stimolante che mi possa venire in mente? Il progetto “Munich 1972” di Otl Aicher. La precisione e lo stile inconfondibile con cui Otl Aicher ha progettato ogni parte dell’identità grafica delle Olimpiadi del 1972 per me è davvero qualcosa di incredibile e di grandissima ispirazione. Pensa alla progettazione dei manifesti promozionali affidata ad artisti e designer come Hockney & Max Bill!

“Poster design / The first in a series of posters for the importer Wines Under the Bonnet. Influenced by political graphic art from the 1968 Paris Riots, Atelier Populaire produced hundreds of silkscreen posters in response to a time of high unemployment and poverty across France. This agit-prop style of an independent voice has hugely influenced the natural wine movement. @winesutb “

Un paragone con le Olimpiadi di Londra del 2012 mi è venuto molto naturale, poi: che grandissima occasione persa sotto questo profilo! Nonostante il coinvolgimento di alcuni artisti importanti infatti(penso a Mark Titchner), il logo e l’identità visiva di questi giochi sono stati vissuti con molto imbarazzo dalla comunità dei designer britannici. Non c’era uno stile. Era tutto sgraziato. Insomma, un lavoro da dilettanti.

Quali sono i tuoi strumenti e supporti preferiti?

Penna e inchiostro, direi. Ma soprattutto il pennello Tombow. Mi piace tantissimo la stampa Risograph. E adoro i collage. Come vedi, le mie tecniche di lavoro sono abbastanza semplici e, per l’appunto, à la main!

La Risograph definita figlia del ciclostile, che è un tipo di stampa a metà strada tra serigrafia e la stampa offset. Qui un articolo di approfondimento 

Qual è il tuo approccio artistico?

Non accetto un lavoro che non possa sostenere e non lavoro per aziende vinicole commerciali. Mi sento particolarmente frustrata quando un sostenitore del vino naturale stampa il mio lavoro su magliette o su felpe realizzate in Bangladesh. Il mio approccio è sempre quello di progettare qualcosa che comprendo e – soprattutto – in cui credo. Poi penso a cosa si vuole ottenere, a quale possa essere il modo migliore per realizzarlo. Ma penso anche a dove verrà realizzato il progetto e a come potrà trovare espressione in futuro. Ci vuole un ordine. Perché da un lato abbiamo troppe informazioni, ma dall’altro c’è troppo poca organizzazione delle stesse. Il risultato? La diffusione delle informazioni diventa sempre più complesso. E io detesto davvero questo fenomeno!

Inoltre sto rivedendo anche il mio processo di stampa perché alcuni dei pop-up che gestisco non hanno alcun budget per il marketing, così mi capita di stampare il poster con la stampante a inchiostro nero su carta colorata. Ogni evento ha i suoi colori, che combino tra loro in maniera sempre differente con dei poster che organizzo in set multipli di fogli A4, di modo da decuplicare le dimensioni della creatività riuscendo a coprire anche un’intera parete con pochi centesimi. Un bel risultato (e anche piacevole dal punto di vista estetico!).  

Cerco di utilizzare anche la stampa risograph allo stesso modo in cui userei la serigrafia, perché il risultato è a volte ancora più emozionante, a una frazione del suo costo. Ma non si tratta solo di costi, ma della bellezza del pensiero laterale e di coltivare la capacità di problem solving diretta verso un risultato un po’ più insolito! In passato per creare una singola broadsheet per realizzarne un manifesto pieghevole avevo usato una stampante di un giornale a tiratura limitata: una piccola soluzione che mi è sembrata gigante!

Da dove nasce la tua passione per il vino? E per il vino naturale?

Tutto è iniziato quando ero una designer freelance, quando stavo conducendo una vita molto solitaria e mi stavo annoiando con il lavoro che stavo facendo – anche perché non ci credevo davvero. Il lunedì di solito andavo da Toast (Le Cave Du Pyrene) nel sud di Londra, e mi ritrovavo a provare l’intera lista di vini di inizio settimana. Quando il manager se ne andò per aprire un suo locale mi chiese di fare il branding e io accettai di lavorarci nei fine settimana. Era un piccolo e delizioso bar di vino naturale di quartiere. Poi una volta cominciato con le attività di importazione, ho lavorato sulla loro brand identity ed è stata proprio in questa occasione che ho sentito di aver (ri)trovato la mia voce di design, e che la mia passione per il design si fosse riaccesa!

Quindi À La Main è un progetto che nasce con questo nuovo bar di vino naturale? 

Idealmente sì, nasce in quell’occasione, ma ancora non aveva questo nome. “A’ là main” (che in italiano si traduce con “a mano”, “artigianalmente” ) è stato un processo sul quale mi sono sempre concentrata. Durante il mio primo lavoro da designer è stato tutto così confuso! Ero appena uscita dall’università dove abbiamo lavorato e studiato tantissimo a mano (appunto) e con schizzi, ma quando sono arrivata per il mio primo giorno di lavoro in un ufficio, la prima cosa che mi hanno chiesto è stata di iniziare a progettare con il computer. Quindi il nome è un po’ di un riferimento a questo. I lavori di quel periodo forse sono stati i peggiori della mia carriera: così piatti e noiosi. Ma quando mi sono resa conto finalmente che potevo riconcentrarmi sui miei interessi e che avrei potuto lavorare con le mani, ho ricominciato a produrre cose con un atteggiamento e un design certamente migliori.

Quali progetti di vino ti piacciono di più?

I progetti che mi piacciono di più sono quelli in cui curo l’intera esperienza, come ad esempio i pop-uo che organizzo dovunque mi trovi a vivere in quel momento. Di solito creo una lista dei vini unica invitando un enologo, uno chef e altri invitati in un’atmosfera conviviale dove o lo chef o noi stessi cuciniamo tutti insieme. Curo anche la parte del marketing e progetto l’intera campagna, dove i manifesti chiaramente giocano una parte importante. E’ davvero una cosa che adoro!


Il mio pop up preferito è stato quello che ho organizzato a Copenhagen quando lavoravo al RĢdder & Vin nell’estate del 2017. Faceva parte di una serie intitolata “Sorry Mama” perchè invitavamo degli chef a rielaborare qualche piatto della loro tradizione con la loro esperienza culinaria attuale, creando qualcosa che non avrebbe fatto necessariamente piacere alla propria mamma, ecco. Era un po’ cheesy, ma aveva senso! Era la seconda edizione ed è venuto a partecipare un mio caro amico chef da Parigi, che voleva proporre i suoi celebri Boudin Noir Burgers. Dal momento che in Danimarca per acquistare sangue a uso culinario c’era bisogno di una licenza, ho dovuto procurarmi tutti gli ingredienti in anticipo!

Abbiamo passato tutto il giorno prima dell’evento facendo la spola tra casa mia – dove stavamo preparando il pane per i burgers e i boudin – e il Manfred Wine Bar, due strade più in là, per rinfrancarci con qualche bottiglia di vino. Vi lascio immaginare la mia cucina coperta di sangue e grasso animale, ma è stato davvero divertente. Il giorno dopo, con un piccolo hangover ma felici per la splendida giornata che si stava presentando, siamo stati felici di offrire ai nostri ospiti delle fette di boudin noir servite con una piccola porzione di maionese al dragoncello su un pan brioche fatto in casa, abbinato alla più incredibile delle bottiglie di Chardonnay dell’Alvernia: un cuvée chiamato Rasserene di Vincent & Marie Tricot (per i quali sarei andata a lavorare nei mesi successivi per il raccolto).

L’evento ha avuto un’affluenza incredibile e abbiamo registrato un sold out! Indossavamo tutti le tshirt con su scritto “Sorry mama” e ho stampato in risograph un poster con sfumature in rosa e viola. Mi sono buttata completamente nel branding dell’esperienza non solo perché mi sembrava fosse giusto, ma anche perché era proprio quello che volevamo realizzare: esser in grado di curare tutto un evento dal design fino all’organizzazione. Perché crea una sensazione così differente e unica!

Sul profilo Instagram di Jocasta potrete trovare questa foto con questa caption: “Typography / So much love to everybody who made the last 7 weeks unforgettable. Special thanks to @solfinn & @carlemilbregnhoi for the opportunity. Also thanks to @slurp_ramen_joint & @michaeljuel for all their help with #sorrymama and thanks to everyone who became a part of it and all the wine we shared. Off to Auvergne to make some wine. Back in October.”

Quali sono i profili Instagram relativi al mondo del vino preferiti?

@charlesdufour scatta sempre delle splendide foto ed è sempre a divertirsi da qualche parte nel mondo. E questo è il suo brand al 110%! Mi piacciono molto anche i profili degli importatori di vino, visto che sembra che abbiano il lifestyle migliore del mondo e che bevano le bottiglie di vino più incredibili. Non ho una presenza personale sui social media e non mi piacciono quelli che lo fanno in modo eccessivo. Non dico che dobbiamo essere tutti stacanovisti, ma il narcisismo eccessivo è una delle cose peggiori che escono dai social media.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Attualmente sto lavorando su alcuni progetti personali che ho rimandato a lungo. Adesso, per esempio, sto finalmente stampando un mio lavoro, cioè un poster che tutti mi stanno chiedendo in stampa. E sto lavorando anche a un nuovo progetto con un amico che sta lanciando una nuova serie di vini in diversi formati.

Grazie mille Jocasta per questa intervista e se siete chiedetele pure il catalogo dei poster di A La Main su Instagram! (Io non so decidermi! Voi che prendereste?)

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